Il Discorso di Gettysburg è il breve ma memorabile discorso che pronunciò il 19 novembre 1863 alla cerimonia di inaugurazione del cimitero militare di Gettysburg, dopo soli 4 mesi dall'epica e sanguinosa Battaglia di Gettysburg in cui le forze dell'Unione (l'entità federale che riunì i 24 Stati del Nord America per contrastare la secessione degli altri Stati ‘sudisti’ di matrice schiavista – da cui il Ku klux klan prese impropriamente la bandiera) misero disastrosamente fine alla campagna confederata del 1863. Il pensiero di Lincoln è rivolto allo sforzo della nazione nella guerra civile, ma con l'ideale che a Gettysburg nessun soldato, dell'Unione o della Confederazione, del nord o del sud, era morto invano. Esso rappresenta una pietra miliare nella costruzione della futura nazione americana. Grazie all’operato di Lincoln, nel 1865, ci fu la ratifica del Tredicesimo Emendamento della Costituzione Americana con cui la schiavitù venne abolita in tutti gli Stati Uniti.
« Or sono diciassette lustri e due anni che i nostri avi costruirono, su questo continente, una nuova nazione, concepita nella Libertà, e votata al principio che tutti gli uomini sono creati uguali. Adesso noi siamo impegnati in una grande guerra civile, la quale proverà se quella nazione, o ogni altra nazione così concepita e così votata, possa a lungo perdurare. Noi ci siamo raccolti su di un gran campo di battaglia di quella guerra. Noi siamo venuti a destinare una parte di quel campo a luogo di ultimo riposo per coloro che qui diedero la vita, perché quella nazione potesse vivere. È del tutto giusto e appropriato che noi compiamo quest’atto. Ma, in un senso più vasto, noi non possiamo inaugurare, non possiamo consacrare, non possiamo santificare questo suolo. I coraggiosi uomini, vivi e morti, che qui combatterono, lo hanno consacrato al di là del nostro piccolo potere di aggiungere o detrarre. Il mondo noterà appena, né a lungo ricorderà ciò che qui diciamo, ma mai potrà dimenticare ciò ch’essi qui fecero. Sta a noi viventi, piuttosto, il votarci qui al lavoro incompiuto, finora così nobilmente portato avanti da coloro che qui combatterono. Sta piuttosto a noi il votarci qui al gran compito che ci è di fronte: che da questi morti onorati ci venga un’accresciuta devozione a quella causa per la quale essi diedero, della devozione, l’ultima piena misura; che noi qui solennemente si prometta che questi morti non sono morti invano; che questa nazione, guidata da Dio, abbia una rinascita di libertà; e che l’idea di un governo di popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia a perire dalla terra. »
Quando il presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln proclamò solennemente l'abolizione della schiavitù, espresse la sua gratitudine 'alla piccola donna che ha vinto questa battaglia': alludeva all'autrice della 'Capanna dello zio Tom', inno elevato agli uomini di buona volontà di ogni tempo e paese. La storia è ambientata nella prima metà dell'Ottocento, in Kentucky, prima dell'abolizione della schiavitù. In seguito ad un tracollo finanziario, un umano proprietario è costretto a vendere ad un mercante lo zio Tom, il migliore dei suoi schiavi, e un bambino, Henry. Sua madre, Elisa, non resistendo alla prospettiva di venir separata forse per sempre dalla sua creatura, fugge con il piccolo, riuscendo a mettersi in salvo oltre i confini dello stato. Dopo varie vicende la giovane riuscirà a ricongiungersi con il marito George, fuggito anch'egli, e la coppia si rifarà una vita in Canada. Ben diversa la sorte di Tom: finito nelle mani di un brutale padrone, sarà fatto battere a morte per essersi rifiutato di fare l'aguzzino dei propri compagni di sventura.
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