lunedì 7 febbraio 2011

Dario Fo e "Il Principe" di Machiavelli


giù il cappello!!




e ho detto tutto.

Zaha Hadid, quando costruire è un’arte


Zaha Hadid, (Baghdad, 1950), è un architetto e designer irachena naturalizzata britannica. Esponente del decostruttivismo, è stata la prima donna a vincere il Premio Pritzker.

Progetti realizzati a Roma: Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI), 2010.

Per maggiori info: sul sito ufficiale oppure http://www.architettiroma.it/architettura/hadid/biografia.html

just... Nina


Eunice Kathleen Waymon conosciuta come Nina Simone (21 febbraio 1933 - 21 aprile 2003) fu una cantante, autrice e pianista americana nonché attivista per i diritti civili.

Cantante jazz, era un’artista eclettica che sapeva svariare tra gli stili soul, R&B, folk e gospel.

Nasce a Tryon nel North Carolina, sesta di otto figli, bambina rivela un talento, che la porta a suonare e cantare in chiesa con le due sorelle (“Waymon Sisters”). Ma il pregiudizio razziale del profondo sud negli anni ‘40 l’ha condizionata per molto tempo, in quanto estremamente radicato nelle comunità locali e motore di spiacevoli eventi.

Prende lezioni di piano, pagate dalla comunità di colore locale, che promuove una fondazione per consentirle di proseguire gli studi musicali a New York. Nei primi ‘50 lavora come pianista-cantante in vari club, ispirata da Billie Holiday, si orienta verso il jazz, cambia il suo nome in Nina Simone ed esegue il brano I loves you, Porgy, cover di un brano di George Gershwin.

Il suo album di debutto datato 1958 comprendeva I loves you, Porgy e My baby just cares for me. Ha lavorato per parecchie case discografiche mentre, a partire dal 1963, ha iniziato a lavorare stabilmente con la “Philips”. È in questo periodo che ha registrato alcune delle sue canzoni più incisive come Old Jim Crow e Mississippi Goddam, che sono divenute inni per i diritti civili. Era amica ed alleata di Malcolm X e di Martin Luther King.

Nina Simone lasciò gli Stati Uniti verso la fine degli anni ‘60, accusando sia il FBI che la CIA di scarso interesse nel risolvere il problema del razzismo. Negli anni successivi girò il mondo, vivendo alle Barbados, in Liberia, in Egitto, in Turchia, in Olanda ed in Svizzera.

In seguito al polemico abbandono dell’America, i suoi album sono usciti raramente. Nel 1974 la Simone abbandona per qualche anno la discografia, lasciando poche notizie di sé. Ritorna nel 1978 con un album, che prende il titolo da un brano di Randy Newman. Si eclissa di nuovo, fino agli ‘80.

Dopo che Chanel ha usato la sua “My baby just cares for me” per un annuncio alla televisione, molti hanno riscoperto la sua musica e lei si è trasformata in una’icona del jazz degli anni’80. Nel 1987, la Simone entra nelle classifiche inglesi con quel brano di quasi trent’anni prima. Si moltiplicano antologie e ristampe dei suoi dischi. Dopo i successi ottenuti negli anni ‘80, torna con uno nuovo album Nina’s Back del 1989, seguito da Live & Kickin’, live registrato qualche anno a San Francisco.

La cantante si è sposata due volte, ha avuto una figlia ed ha vissuto una vita difficile e travagliata. Ha avuto rapporti difficili con uomini potenti e violenti, ad esempio picchiata dal suo manager e marito. Ha avuto una relazione con Earl Barrowl, Primo Ministro delle Barbados. Nel 1980 il suo secondo marito C.C. Dennis, un importante politico locale, è stato ucciso da un criminale.

Intorno alla sua vita privata circolano comunque decine di aneddoti. Pare che abbia annullato un concerto a Londra senza avviso perché "turbata" per una ferita occorsa al suo cane: o che, nel 1988, abbia chiuso un meeting tirando un coltello. Nel 1996, invece, è stata spiccata contro di lei una sentenza dai magistrati francesi per avere sparato in aria con un fucile, allo scopo di spaventare due ragazzi che giocavano nella piscina di una villa accanto alla sua. Ma Nina Simone ha comunque continuato a proporre performance memorabili, l'ultima delle quali in Gran Bretagna nel mese di agosto 2001 al Festival di Bishopstock. Anche se ha ammesso pubblicamente di esibirsi soltanto per soldi, è stata acclamata dal pubblico ancora una volta con enorme calore.

Sopravvissuta alla figlia, Nina muore a 70 anni il 21 aprile 2003 (tumore al seno).

Un altro video si un brano tratto dal suo album d'esordio (capolavoro!) "LITTLE GIRL BLUE", questa è
"Love or leave me" versione live al piano: http://www.youtube.com/watch?v=4sAbW0ONRBU

Urbanistica&Paesaggio


L’ASSALTO DEI CEMENTIFICATORI ALLE NORME COSTITUZIONALI

Intervista a Salvatore Settis di Costantino Cossu, da La Nuova Sardegna

«Vedere il bene comune come fondamento della democrazia, della libertà e dell’eguaglianza, rivendicare il pubblico interesse, cioè i diritti delle generazioni future». Così Salvatore Settis nel suo ultimo libro «Paesaggio, Costituzione, cemento» (Einaudi). Archeologo e storico dell’arte, già direttore del Getty Research di Los Angeles e della Normale di Pisa, titolare a Madrid della «Càtreda del Prado», Settis ha scritto un manifesto denuncia (vedi la recensione qui sotto) delle condizioni disastrose in cui versa in Italia il paesaggio. Un atto di accusa, lucido e documentatissimo, contro «l’inerzia di troppi politici (di maggioranza e di “opposizione”») e un appello all’«azione popolare» per fermare la devastazione.

In Italia la protezione del paesaggio è scritta nella Costituzione e, a partire dalla legge Galasso, sono molte le buone norme di tutela. Perché allora si distrugge tanto?

«E’ il tema principale del mio libro. La spiegazione del paradosso che lei rileva sta da un lato in un eccesso di legislazione (che spesso si traduce in incertezza e in arbitrio) e dall’altro nel contrasto tra legislazione nazionale e legislazione regionale. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, ho dedicato un capitolo intero al tentativo di dimostrare che l’articolo 9 della Costituzione, quello che prescrive la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione, è nato dall’esigenza che con preveggenza chi ha scritto la Carta avvertiva di contrastare un eccesso di autonomia dei poteri locali in una materia in cui gli interessi particolari hanno sempre premuto in maniera fortissima. Concetto Marchesi, uno dei padri della Costituzione, parlava in proposito di una possibile e pericolosa «raffica regionalistica» contro le norme nazionali di tutela. Raffica che, soprattutto a partire dagli anni Settanta, quando le Regioni sono diventate una realtà istituzionale, puntualmente s’è scatenata. Il territorio, il paesaggio, l’ambiente, sono diventati terreno di battaglia tra Stato e Regioni, un contrasto tra poteri pubblici che ha aperto interstizi e zone grigie, un varco attraverso il quale è passata la devastazione».

Lei contesta che l’ossessione edilizia abbia ragioni economiche fondate. Perché?

«In Italia il tasso di crescita demografica è bassissimo, eppure siamo il Paese europeo che ha il maggior consumo di territorio: vengono quindi costruite abitazioni che non servono a nessuno. Abbiamo dovuto assistere all’indegna commedia del Piano casa. A livello nazionale la proposta lanciata da Berlusconi nel 2009, in campagna elettorale, non s’è mai tradotta in una legge e però le Regioni sono state istigate a farli i loro piani casa, tutti illegittimi. Si cerca di far passare l’idea che l’unico modo per rimettere in moto l’economia sia rilanciare l’edilizia. E invece è l’opposto che occorrerebbe fare. La crisi mondiale è stata scatenata dalla bolla immobiliare negli Usa. E si sono visti Paesi, ad esempio l’Irlanda, dove s’è costruito sino al quintuplo di ciò di cui c’era bisogno senza che questo evitasse addirittura la bancarotta dell’intero sistema economico nazionale. Non è vero che investire nel mattone è l’unico modo per rilanciare l’economia. Al contrario: investire capitali nell’edilizia vuol dire bruciare flussi finanziari che invece potrebbero essere impiegati molto più produttivamente in altri settori».

Perché in Italia la cultura di tutela del paesaggio è più debole che in altri Paesi europei?

«In realtà noi abbiamo una tradizione importante di studi e di legislazione. In questo momento l’idea del bene comune appare sconfitta dall’idea del privilegio di chi ha i soldi, di chi ha le proprietà, di chi vuole devastare per proprio esclusivo profitto. Crescono però i segnali di una presa di coscienza. Nascono associazioni di cittadini che si oppongono alla tendenza dominante. A San Benedetto del Tronto, ad esempio, per combattere una lottizzazione che avrebbe rovinato un paesaggio unico, un gruppo di cittadini ha raccolto 4 mila firme e ha ottenuto un referendum comunale che probabilmente sarà vinto».

Perché in Italia non esistono movimenti ambientalisti capaci di pesare sulle scelte politiche nazionali come quello di Cohn-Bendit in Francia e dei Grünen in Germania?

«Da noi la crisi della politica dopo Tangentopoli è stata segnata dall’estinzione di grandi partiti di massa che avevano una tradizione anche di idee: la Dc, il Pci, il Psi. Partiti sostituiti da forze politiche che sono tutte, senza eccezione, prevalentemente organizzazioni di raccolta del consenso in termini elettorali, molto di rado laboratori di idee. Questo ha impedito ai movimenti di avere una solida sponda politica e quindi un’incisività anche istituzionale».

(23 gennaio 2011)

da Micromega

Berlinguer e la "questione morale"


Riporto parte dell'intervista rilasciata da Enrico Berlinguer ad Eugenio Scalari su Repubblica, il 28 Luglio 1981.

<<I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: hanno scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. E il risultato è drammatico. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.
[...]
molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.
[...]
noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni.
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.
[...]
Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante.
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.
Il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.
Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industrializzati - di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza - non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione.
[...]
Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività.
Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.>>

domenica 6 febbraio 2011

La Regla de Ocha

La Santeria, più correttamente definita Regla de Ocha, è la pratica religiosa più diffusa a Cuba.


Essa è il risultato del sincretismo tra la religione africana, di profonda influenza Yoruba (etnia della Nigeria), e quella cattolica degli spagnoli, incontratesi sull’ Isola durante la colonizzazione avvenuta nell’800.

In questo periodo i colonizzatori europei tentarono di operare un processo di evangelizzazione per sottomettere completamente le popolazioni deportate dall’Africa: gli schiavi furono costretti a praticare molti riti cattolici ma, non volendo rinunciare alle proprie tradizioni, cominciarono ad identificare le loro divinità, gli Orishas, ai Santi cattolici, in modo da occultare gli antichi riti davanti alle autorità spagnole.

Con il passare del tempo questa “strategia” finì per operare una trasformazione profonda: non vi era più una netta divisione tra culto africano e quello cattolico; attraverso il processo di transculturazione tra le due credenze si è così realizzata una giustapposizione che ha dato vita ad una nuova religione, la “religione cubana”.

Questa in estrema sintesi, è la Santeria che, come ogni altro sistema religioso, ha una sua propria struttura, composta da gerarchie sacerdotali, liturgie, cerimonie… Occorre però aggiungere che, essendo un fenomeno culturale così ricco e complesso, la Regla de Ocha non rappresenta soltanto una religione ma un vero e proprio sistema filosofico che pone al centro l’uomo, la sua esistenza, le sue possibilità e il suo rapporto con le divinità. Tutto ciò fa delle Santeria uno degli aspetti più interessanti e peculiari della cultura e dell’identità cubana.

Nella santeria è presente il culto della natura del regno vegetale, animale e minerale e il dialogo con le forze sovrannaturali che avviene in maniera diretta o indiretta attraverso conchiglie, tamburi e altri oggetti vengono anche utilizzate candele, noci di cocco, acqua e fumo di tabacco, come ulteriori veicoli di comunicazione e di purificazione. Il canale di comunicazione per eccellenza è, come nelle religioni/filosofie spirituali adi origine africana, la DANZA. Attraverso essa corpo e anima impersonano l'Orisha di riferimento, con tutte le sue caratteristiche, avvicinandosi, fino ad abbandonarsi, ad Esso. Dunque le danze hanno soprattutto una funzione celebrativa ed esortativa, laddove si ritenga di avere bisogno dell'intervento dello spirito che spesso deve essere prima chiamato e "calmato".

Le divinità hanno con vizi e difetti tipici degli uomini. Ognuna di esse ha diverse preferenze, dal cibo ai colori che gli appartengono; dalle danze alle parti del corpo.

Chi, sulla terra, canalizza messaggi, energie, consigli, sono i "santeros" e i "babalawos".

L'influenza della Santeria sulle espressioni culturali tipicamente cubane è marcata, soprattutto nell'ambito della danza e della musica. I generi musicali afrocubani (dal Mambo alla Salsa, forse meno il Son) risentono fortemente delle figure ritmiche e sincopate utilizzate nei raduni rituali ad esempio a base di tamburi in onore del dio, o santo, Chango. La danza altrettanto si ispira ai riti d'origine Yoruba. Ogni santo ha un suo caratteristico movimento che lo distingue dagli altri e che viene ripreso e anche mostrato e illustrato ai turisti in locali come il famoso Tropicana.

Lo stato cubano considera queste espressioni artistiche un patrimonio culturale della nazione e le ha quindi elevate a livello accademico. Grazie a cio sono diventati famosi nel mondo gruppi di canto e danza folklorici, quali il "Conjunto Folklorico Nacional", "Los Munequitos de Matanzas" ed il compositore Lazaro Ros.

Gli Orishas, le divinità della Santeria, appartengono originariamente alla religione degli Yoruba, etnia africana proveniente dalla Nigeria e insediatasi, almeno inizialmente, nella zona occidentale di Cuba.
Le divinità del Pantheon Yoruba, che in Africa superavano le quattrocento, arrivano sull’isola in numero inferiore: sono rimaste solo quelle che rispecchiano le caratteristiche più vicine all’identità cubana; le più importanti sono una quindicina.
Ognuna di esse ha una mitologia ben precisa, emblemi, colori particolari, danze e ritmi propri.
Gli Orishas sono al contempo temuti e venerati, vivono accanto ai fedeli e dalla loro benevolenza o ostilità dipendono i successi o i fallimenti del credente.

Di seguito se ne raccontano alcuni:

Elegguá

Protettore delle abitazioni, è colui che apre e chiude il cammino e possiede la chiave della felicità e dell'infelicità.

Rappresenta la vita e la morte, l'inizio e la fine, il giorno e la notte; in un certo senso si situa a metà strada tra esseri umani e gli esseri divini.

Viene personificato in un bambino, messaggero giocherellone e capriccioso (a volte crudele), ma anche ingenuo tra i due mondi.

Il suo strumento è il Garavato (una sorta di ramo curvo), realizzato in legno di guayaba, utilizzato per chiudere e per aprire il passaggio. Porta con sé una sacca piena di golosità.

Senza di lui non è possibile realizzare niente, per ogni cosa è necessario i suo permesso. Lui apre e chiude le danze rituali ed è soprattutto il messaggero di Olofi.

Si sincretizza con Sant'Antonio da Padova e i suoi colori sono il nero e rosso, ma possono anche essere il bianco e nero o bianco e rosso.

Oggún

Quando balla agita le braccia come se recidesse i rami del monte con il machete, la sua arma principale. Gli piace l'aguardiente e il tabacco, si veste con rami l'albero, come ad esempio la palma

Oggún è l’oricha che forma insieme a Elegguá e a Ochosi la trilogia degli dei guerrieri del pantheon yoruba. Infatti i canti a Oggún seguono, nelle feste, quelli a Elegguá.

Questo è il santo padrone dei metalli e delle montagne, è rappresentato come uomo corpulento dal carattere aspro e diffidente.

E' il Dio della guerra e del lavoro, il creatore di tutti gli strumenti di lavoro, come il martello, coltello, sega, ecc.

I suoi colori sono il verde, lilla e nero ed è il secondo santo nella Regia de Ocha. Si sincretizza con San Pietro.

Changó

Re dei re, è considerato Dio del fuoco, dei fulmini, dei tuoni, del ballo e della virilità; padrone dei tamburi Batà (tamburi sacri per le cerimonie).

Dunque è bello, virile, donnaiolo incorreggibile, bravo ballerino ed eccellente suonatore di tamburi, guerriero coraggioso e amico fedele… ma è anche narciso, bugiardo, impulsivo e crudele.

I suoi colori sono il bianco e il rosso. Danza con un'ascia a doppio taglio, che rappresenta l'organo genitale maschile. . Si sincretizza in Santa Barbara.

Caminos di Changó (ossia i vari modi in cui la divinità si manifesta) sono: Obba Lube è Changó quando è con Obba; Obbara è il Changó povero, straccione e bugiardo; Obbaña quando è il re dei tamburi batá; Changó Eyée è il Changó guerriero; Changó Alaye e Changó Elueke quando si presenta con l’ascia bipenne; Oba Koso è il Changó impiccato; Changó Olufina quando è in relazione con la ceiba; Alafi Alafi è il Changó re dei re.

Ochún

È la padrona dei fiumi e dei torrenti (acqua dolce), dell’oro, del bronzo e del denaro. È la dea della bellezza, dell’amore, della sensualità e del piacere. È la protettrice delle donne, in particolare delle donne incinte (maternità).

È dolce, allegra, accattivante, orgogliosa, arrogante, è l’immagine della mulatta cubana.

Le appartengono il miele e la cannella che usa per affascinare e conquistare gli uomini. Ma quando si arrabbia è terribile e raramente concede il perdono. Una sua punizione può portare alla morte.

I suoi colori sono il giallo e l’oro. Usa 5 bracciali d’oro che fa risuonare per indicare a tutti la sua presenza. Il suo attributo è l'abebbe (ventaglio), fatto di piume di pavone, poi ha uno specchio e il corallo

Ochún Si sincretizza con la Madonna della Caridad del Cobre, la patrona di Cuba.

Yemayá

Generalmente è la madre della vita e padrona dell'acqua salata dei mari. È la protettrice dei marinai, padrona del piombo e dell’argento.

Ha un aspetto maestoso, è bella come il mare che le appartiene, è orgogliosa, saggia, vanitosa ma soprattutto una vera madre in quanto si dice che abbia partorito tutti gli altri Orishas.

Il suo colore è l'azzurro in tutte le sue tonalità ed il bianco.

E' sempre sorridente e si muove con portamento regale. Nella danza si esprime girando, agitando la gonna a 7 falde, come il mare in tutte le sue forme. La sua danza ricorda l’ondeggiare del mare. Indossa sette braccialetti d’argento che insieme alle sette gonne rappresentano i sette mari profondi e misteriosi.

Si sincretizza con la Vergine de la Regla. Patrona dei marinai e del porto de l'Habana.

Oyá

Sorella di Yemayà e Ochun, nonché sposa di Changó, è padrona del fulmine, del temporale e della porta del cimitero, in quanto dea della Morte.

È violenta, irascibile, ribelle, amante della giustizia e della casa, dalla quale può anche non uscire per molti anni. E' caratterizzata da atteggiamenti mascolini: guerriera instancabile, il suo carattere è forte e deciso. Nei suoi momenti di tranquillità può essere molto femminile ed appassionata, ma può divenire violentissima.

Il suo vestito è di colore rosso vino o rosa ed ama i tessuti stampati con fiori colorati, ha una cintura ornata di 9 fazzoletti colorati (mai neri). Ha una corona a cui sono appesi 9 ciondoli di rame e agita un pennacchio (iruke) fatto con la coda nera di un cavallo: con esso ella attira a sé il vento facendo delle specie di mulinelli.

Oyá (Yansá, Yansán) è l’oricha il cui corrispettivo cattolico è la Virgen de la Candelaria (La Purificazione della Vergine), ossia Santa Teresita de Jesús, e la Virgen del Carmen.

Obatalà
Obatalá è il creatore del genere umano, l’oricha della pace e della giustizia.

È il padre benevolo di tutti gli Orichas e dell'umanità. Olofi creò l'universo ma diede a Obatalà il compito di organizzare il mondo e di creare l'umanità. Dunque è la fonte primaria della purezza e della saggezza.

Il suo colore è il bianco, ma può essere rosso, marrone o altri colori che rappresentano i suoi diversi cammini . Può essere uomo o donna.

Appare come giovane e coraggioso guerriero o come vecchio accasciato o vecchia incurvita e freddolosa.

Lavora con un lurike bianco (come Oyà, infatti hanno danze molto simili) con cui benedice la gente.

Si sincretizza con Nostra Signora della Mercede.


Babalù Ayé
E' uno degli Orichas più invocati dai fedeli della Santeria, ma anche dai cattolici cubani. E' il dio delle infermità, delle epidemie e delle malattie della pelle. E' il padre del mondo e viene considerato santo miracoloso.

Le manifestazioni di devozione a Babalù Ayé sono moltissime e prendono la forma di veri e propri voti: si vedono persone che percorrono il sentiero verso il suo santuario in ginocchio, vestite di stracci bianchi, che elargiscono elemosine ai tanti mendicanti.

Si sincretizza con San Lazzaro.

Ochosi
Dio della caccia e dei cacciatori, è il protettore dei carcerati e dei latitanti.

Egli è guerriero, cacciatore e pescatore. Abita sul monte ed i suoi strumenti sono l'arco e la freccia, con cui è infallibile nella mira.

Nella danza rappresenta la caccia e abita con suo fratello Oggun.

I suoi colori sono l'azzurro, il giallo oro e il rosso.

Si sincretizza con San Norberto e San Pietro.


A Cuba con l'arrivo degli schiavi si incorporarono alla cultura popolare danze e canti soprattutto originari della Nigeria, del Congo e del Camerun. A La Habana prevalse l'etnia Yoruba che come abbiamo appena visto diede origine alla Santeria, ma altre etnie portarono altre danze afro originarie: il CONGO e l’ARARA, che al contrario della prima non sono spirituali, bensì di combattimento o altro.


Video di Elegguà, seguito da Ochùn che è interpretata della mia splendida maestra Arelys Savon, che è stata anche nientepopòdemenoche solista nel "Conjunto Folklorico Nacional de Cuba": http://www.youtube.com/watch?v=lNqaoDH1Kf0

Io ballo questo, cioè, ce provo :)