lunedì 31 gennaio 2011

Patrick Wolf: il giovane licantropo

Discografia:
  • 2003 - Lycanthropy (Faith and Industry / Tomlab)
  • 2005 - Wind in the Wires
  • 2007 - The Magic Position (Loog Records)
  • 2009 - The Bachelor (Bloody Chamber Music)
  • 2011 - Lupercalia (Hideout)

Prototipo dell'enfant prodige delle tensioni pop di prossima generazione, Patrick Wolf ha aggiornato la figura del songwriter neoromantico. Con una scrittura smaccatamente classica, nella quale a pesare è la recitazione turbata, ma soprattutto la canzone intesa come focus del processo creativo, nel solco di maestri come Scott Walker, David Bowie e Marc Almond. Tutte le metamorfosi del giovane Patrick, un (ex)licantropo dal cuore in frantumi.

Patrick Denis Apps, originario di Cork (Irlanda), nasce nel sud di Londra, annata 1983. La sua educazione musicale comincia da piccino, con severe lezioni di violino e cori di chiesa, ma dura fino a quando Patrick non diviene ossessionato dalla prima elettronica del XX secolo, così decide di creare musica nuova e innovativa.

Già all’età di 11 anni comincia a registrare canzoni con violino, voce, e organi di seconda mano, su un registratore a quattro piste. Mano a mano la foga per l’elettronica lo porta a costruire il suo primo Theremin.

L'adolescenza di Patrick è turbolenta, costretto a cambiare scuole per bullismo. All'età di 14 anni si esibisce con un gruppo di pop art chiamato Minty. I suoi testi e le sue registrazioni catturarono l'attenzione della Fat Cat Records, intrigato dallo straordinario potenziale del ragazzo, gli regala un computer Atari e un mixer, strumenti che lo aiutano ulteriormente nelle sue insolite progettazioni e produzioni.

Patrick va via di casa all'età di 16 anni e comincia a vivere per qualche anno in modo libero e folle, facendo soldi con le performance di strada (nella sua Londra) in un quartetto di strumenti a corde, poi formando un gruppo chiamato Maisons Criminaux, un trio rumoroso nato sui principi distruttivisti della White Noise e del pop… ma continuando a registrare e scrivere materiale proprio.

È a questo punto che il destino dà un colpo di coda: ai Maisons Criminaux viene chiesto di suonare a Parigi, in un piccolo concerto in cui era presente il maestro dell'elettronica Kristian Robinson (noto anche come Capitol K), che affascinato e convinto dal talento del neanche diciottenne Patrick, ne pubblicherà l'album di esordio, Lycanthropy, che esce nel 2003 (quando lui ha 20 anni!) per un’etichetta indipendente incontrando un enorme favore della critica. Più tardi l'etichetta tedesca Tomlab distribuisce l'album in America ed Europa.

Durante le registrazioni di Lycanthropy, Patrick studia composizione per un anno al Trinity College of Music di Greenwich (Londra). Le sue apparizioni come violista insieme ad alcuni nomi noti sulla scena britannica lo consolidano musicista di talento.

La bellezza della sua anima musicale sta nel fatto che è completo: compositore, autore di testi e polistrumentista (violino, pianoforte, arpa, ukulele e chitarra). È forte la sensazione di trovarsi di fronte a una personalità unica nella storia del pop dei 20enni 30enni di oggi, un giovane che compone, suona e arrangia ogni melodia della sua musica. E lo fa mettendo cura in ogni dettaglio, finanche alla copertina degli album.

Le sue radici affondano nei lavori di musicisti come Bowie (ovviamente, è il primo richiamo), Scott Walker, Nick Cave, David Sylvian, Soft Cell, PJ Harvey, passando attraverso la musica cantautoriale e folk come quella di Joni Mitchell, spolpando Nince Inch Nails, Kate Bush, Jim Steinman, Morissey, Syd Barret, Cure, Pulp, Marianne Faithfull (con cui duetta) e sconfinando poi in Stockhausen, ma anche Bjork, Neu! e via discorrendo, fino a jazzisti come Chet Backer.


Dopo l’acclamato disco d’esordio, dolente ed elettronico, ecco che torna quell’anima classico cantautorale che si palesa con Wind in The Wires. E la dissemina qua e là, lungo un sentiero che mescola, con sana e inconsapevole spudoratezza, una produzione spartana e una spiccata inclinazione al dettaglio. Il tutto, con una personalità e con qualità canore fuori del comune. Un disco dolente e (già!) maturo, un affresco decadente pieno di fascino e personalità. Voli pindarici che, partendo da affreschi medievali, diventano modernissime esplosioni di laptop, e ancora sbilenche ballate per chitarra dal retrogusto fiabesco, nonché crepuscoli melodrammatici nei quali è il cantato a farla da padrone.

Se Lycantrophy era stata una mirabile collezione di pulsioni scomposte, la schizofrenica babilionia di suoni disparati, destinati a colpire l'immaginario grazie ai suoi mille fluorescenti colori tutti centrati e scanzonatamente cool, il nuovo progetto si spoglia dell'ironia per vestire austeri abiti neoromantici: una pervasiva tensione teatrale va a occupare quegli spazi un tempo riservati alla divertita visitazione in chiave ora microtechno, ora folk, del proprio stesso cristallino talento.

In questo secondo album l'archetipo del dandy moderno ebbro di letture classiche si paventa da subito ed forte è il contrasto fra melodie acustiche e sezione ritmica elettronica, in un incontro fra opposti che va a bilanciare il lirismo dolente di una voce sulla cui padronanza Wolf ha oggi pochi eguali.

Turbamenti autentici, insomma, nei quali si finisce con l'imbattersi anche nel cadenzato, doloroso tempo interiore e nell'umore darkeggiante e sinistro.

La tempesta romantica di Wind In The Wires è un autentico terremoto, la fragorosa scossa d’assestamento di una qualità già palesatasi al debutto, e che lo segnala come il vero outsider vincente dell’anno duemilacinque.


Laddove il predecessore indugiava su tempi posati e rallentamenti melodici, The Magic Position, sia pur con analogo armamentario d’archi ed elettronica, trasmuta in qualcosa di più movimentato e brioso, regalandoci attitudini e propensioni più smaccatamente pop. Cantautorato classicheggiante e ambizioso che ben pochi sanno oggi esprimere con tanta compiutezza.

Pennellate di chiaroscuri in salsa onirica, dandy e malinconica: le coordinate di uno stile personalissimo, per colui che si conferma quale uno dei cantautori principi della nuova generazione.


A questo punto lascia la sua etichetta e ne fonda una indipendente perché vuole essere slacciato dai vari legacci che ora gli impongono regole e compromessi - dice “loro non mi rispettavano e io non rispettavo più loro. Era impossibile lavorare insieme.”

Per finanziare l'album ha utilizzato il sito "bandstocks" che permette ai fan di dare un minimo contributo economico e diventare così azionisti dell'album. Un nuovo passo per la musica indipendente.

Ecco che a 26 anni pubblica The Bachelor. La sirena dell’incipit fa credere che incomba chissà quale bombardamento sonoro sulla scia del singolo, invece ecco riaffiorare violino e suoni tanto underground quanto energizzanti, in un’esplosione che più barocca non si può. Un album vivo e intenso.

Ecco la duplice natura del disco: da un lato l'antichità romantica, epica e idealizzata; dall'altro il futuro, crudo, freddo, ai limiti dell'estetica cyberpunk. Bella l’evoluzione del folk orchestrale (con arrangiamenti da brividi) in cui il tono romantico viene a tratti smorzato da venature gotiche o scoppi industrial-metal.

Disco impreziosito di arrangiamenti ricchissimi (cori, archi, flauti, pianoforte, elettronica…), fino a raggiungere livelli di magniloquenza e di complessità compositiva notevolissima, anche grazie alla maturazione di Patrick come cantante.

Ora, a gennaio, è appena uscito il secondo singolo del suo nuovo disco (previsto per maggio 2011): Lupercalia (che rimanda ai riti di purificazione di epoca romana)... sembra un forte cambio di rotta, lontanissimo dal passato e molto più americanizzato e “ripulito”. Ad ogni modo un pop brillante e di classe, sempre di qualità.

Sarebbe dovuto essere The conqueror, il seguito di The bachelor, ma l'esplosione della sua storia d'amore ha prevalso su temi dai gusti politici e melanconici, per cui la vena creativa del disco ha subito una virata in tutt'altra direzione.

Stiamo ad aspettare gli sviluppi, sperando in un live che, a detta di alcuni amici che hanno avuto la fortuna di vederlo, regala emozioni intense e potenti.


Se la nostra generazione è rappresentata da esponenti come Wolf, Anna Calvi o l'americano Micah P Hinson allora ci sarà ancora tanto da vedere e da ascoltare.


Ecco il link all'audio di un paio di pezzi che mi piaciono moltissimo, tratti dall'album che me lo ha fatto conoscere, ovvero "The Bachelor":

http://www.youtube.com/watch?v=DSqaUfPWGI4

http://www.guardian.co.uk/music/video/2009/nov/09/patrick-wolf-damaris

Fonti: varie

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